Creature di Dio

di Saela Davis, Anna Rose Holmer

con Emily Watson, Paul Mescal, Aisling Franciosi
Irlanda/Gran Bretagna, Usa 2022, 100′

Orari

ven 12 mag (18.00)
sab 13 mag (15.30 – 21.00)
dom 14 mag (18.00)
lun 15 mag (15.30 – 21.00)

Trama

In Irlanda, in uno sperduto villaggio di pescatori, una madre è combattuta tra l’istinto di proteggere il figlio e il proprio senso d’integrità. Una bugia raccontata per coprire il figlio da un’accusa infamante rischierà di mandare in frantumi la piccola comunità di cui fa parte…

Le co-registe Saela Davis e Anna Rose Holmer intrecciano un tessuto poetico di relazioni: madre e figlio, passato e presente, umanità e natura. Protagonisti la straordinaria Emily Watson e Paul Mescal, bravissimo nel recente “Aftersun”.
Grazie a una recitazione quietamente intensa e incisiva, “Creature di Dio” prende per mano e fa entrare nella quotidianità di un piccolo villaggio battuto dal vento, e nella vita di una famiglia, i cui legami sono burrascosi come il mare su cui fa affidamento per la sua sopravvivenza. Da questi elementi incalzanti emerge una storia coinvolgente, che si potrebbe definire addirittura epica per le sue implicazioni morali. Sono pochi i figli che ritornano in questo villaggio costiero che offre sempre meno opportunità di riscatto umano e sociale. È un luogo afflitto da azioni mai giustificate, da segreti mai rivelati, da richieste di perdono mai pronunciate e da ricordi sospesi come fantasmi. Aileen è estremamente felice di vedere il suo figliol prodigo tornare a casa per rilanciare le attività commerciali – per quanto precarie – della famiglia. Lo guarda con piacere mentre rientra nei ritmi ripetititivi delle maree e nel beneficio dato dal lavoro duro. Ma quando la polizia la informa che Brian è sospettato di aver violentato una sua collega di fabbrica, la donna precipita in un incubo sempre più drammatico. Divisa fra amore, vergogna e il desiderio disperato di proteggere quel poco che ha al mondo, Aileen deve confrontarsi con il silenzio e la negazione che da lungo tempo tengono in ostaggio la piccola comunità in cui vive.
“Aileen ci ha veramente commosse perché la sentivamo come una persona che non avevamo mai conosciuto in questo modo. Abbiamo visto un’opportunità per scomporre e re-immaginare l’archetipo di una madre costretta nel ruolo di spettatrice e l’abbiamo messa invece al centro della nostra narrazione,” dice Davis. Holmer continua: “Sono state la storia di Aileen, la sua psicologia e il suo cambiamento a ispirarci la realizzazione di un lungometraggio in cui le vite delle donne, in particolare, sono complete e a tutto tondo, un film in cui le loro vite interiori risultano cinematografiche quanto quei panorami sconfinati”.