È stata la mano di Dio

di Paolo Sorrentino

con Toni Servillo, Filippo Scotti, Teresa Saponangelo
Italia 2021, 130′

Leone d’argento a Venezia e candidato ai prossimi Oscar come miglior film internazionale

Orari

gio 9 dic (15.30 – 18.00 – 20.30)
ven 10 dic (15.00 – 20.30)
sab 11 dic (15.30 – 18.00 – 21.00)
dom 12 dic (15.30 – 18.00 – 20.30)
lun 13 dic (15.30 – 18.00 – 21.00)
mar 14 dic (15.30 – 18.00 – 20.30)
mer 15 dic (15.00 – 21.00)

Trama

Napoli, anni Ottanta. Fabietto sogna Maradona, mentre cresce e affronta la tragedie che gli impone la realtà, spingendolo a rifugiarsi nella fantasia e nella magia della settima arte. Ma il destino trama dietro le quinte indicando la strada per il suo futuro…

Paolo Sorrentino torna nella Napoli della sua gioventù per immergersi nella sua intimità e restituire una storia di destino e famiglia, sport e cinema, amore e perdita. “È stata la mano di Dio” è il turbolento racconto di formazione di un ragazzo, reso ancora più intenso dal legame personale che presenta con il passato del suo autore. È un’immersione in una memoria viva, in un bellissimo mondo imperfetto che non sarebbe potuto durare. Ma è anche la struggente descrizione dell’impulso ad andare avanti, a creare, a cogliere qualunque sconcertante occasione si presenti, anche quando ci si trova di fronte al dolore più profondo. Così mentre finzione e realtà si intrecciano liberamente, la pellicola ricostruisce in modo meticoloso la città e l’atmosfera domestica in cui Sorrentino è cresciuto: tormento e amore famigliare, ma anche e in egual misura, il mistero, il calore, l’umorismo e il desiderio, tutti elementi che entrano in gioco sullo sfondo della palpabile bellezza di Napoli.
Secondo l’autore napoletano l’idea del film scaturisce da un momento pervaso da un senso di frustrazione avvertito per una sceneggiatura realizzata per l’acclamata serie televisiva “The new Pope”. Un sentimento che in quei giorni lo porta a scrivere una storia che scaturisce semplicemente dalla propria esperienza interiore, dai ricordi che riaffiorano da un passato che forse ha influenzato il suo lavoro nell’ombra, ma che non ha mai affrontato in modo diretto. Scrivendo per dimenticare, tali ricordi diventano ancora più elettrizzanti e vividi e generano un coinvolgimento totale nei vari momenti rievocati. E se è vero che il cinema può congelare il tempo, Sorrentino percepisce anche il suo potere di aggiungere un’altra dimensione alla storia che narra: una comunione con gli spettatori che portano in sala le proprie esperienze di perdita, il proprio vissuto di quei momenti nella vita in cui le cose meravigliose e le cose terribili entrano in collisione. Un tipo di connessione che di sicuro non contiene una risoluzione, ma che, forse, può offrire una sorta di conforto.